RAUL CARUSO
Coordinatore gruppo "Spese militari e disarmo"
Università Cattolica del Sacro Cuore
Dip. Politica Economica
_____
raul.caruso@unicatt.it
Composizione del Gruppo di Lavoro
- Raul Caruso (Uni Cattolica Milano)
Coordinatore - Monica Lugato (Roma Lumsa)
- Guglielmo Cevolin (Udine)
- Stefano Saluzzo (Piemonte Orientale)
- Raffaella Nigro (Catanzaro)
- Marco Maria Aterrano (Messina)
- Valter Maria Coralluzzo (Torino)
- Lelio Iapadre (L’Aquila)
- Mariagioia Vienna (Siena Stranieri)
- Leopoldo Nuti (Roma3)
- Emma Galli (Roma Sapienza)
spese militari E DISARMO
Le spese militari costituiscono un terzo della spesa complessiva. Comprendono in genere: la costruzione e il mantenimento delle strutture (compresi gli interventi relativi al peace keeping), l’equipaggiamento, la ricerca e lo sviluppo.
A queste si aggiungono i costi per la smobilitazione, la conversione delle strutture destinate all’uso delle armi, la distruzione degli armamenti obsoleti e il trasferimento delle armi,
Le spese militari sollevano tre ordini di macro-problemi:
-
- Trasparenza e accountability da cui se derivano cinque ordini di problemi strettamente connessi: 1) assenza di una politica di pianificazione; 2) un debole controllo civile e democratico dei parlamenti; 3) sicurezza e segretezza quali misure protettive della difesa; 4) acquisto extra-budget di armamenti senza la previa autorizzazione parlamentare; 5) monitoraggio e audit. Nella classifica degli indicatori sull’anticorruzione della difesa (2015) l’Italia si colloca nella fascia C (medium risk) in compagnia di Francia e Spagna.
- Dual-use ovvero software e tecnologie utilizzati in ambito militare e civile (stampa 3D, biotecnologie, trasferimento di software e tecnologia, e sistemi di sorveglianza). Ciò pone rilevanti aspetti di etica e di tutela della privacy e della libertà personale, già oggetto della legislazione nazionale e internazionale (United Nations and European Union arms embargoes, the EU Dual-Use Regulation, the Wassenaar Arrangement, the Missile Technology Control Regime, the Nuclear Suppliers Group, the Australia Group and UN Security Council Resolution 1540).
- Gli impatti ambientali e i conseguenti effetti sulla salute di civili e militari, legati ai test delle armi e alla distruzione di materiale bellico obsoleto ricadono sui territori in cui insistono gli insediamenti militari, incrementando costi non direttamente riconducibili ai costi militari. Come testimoniano le deposizioni dei vertici militari alle commissioni parlamentari d’inchiesta (Senato della Repubblica 2010) la tendenza è a minimizzare l’impatto sulla salute degli operatori della difesa e delle popolazioni residenti in prossimità degli insediamenti militari.
LE ARMI AUTONOME
Le armi autonome (sistemi di difesa aerea, sentinelle robotiche, e munizioni vaganti) sono in grado di selezionare e di attaccare un obiettivo militare senza richiedere alcun intervento umano dopo l’attivazione.
Esse sollevano pressanti questioni etiche, giuridiche e politiche riguardanti le responsabilità dell’attacco, l’osservazione degli obblighi delle parti in conflitto e una sorta di avallo indiretto alla soluzione armate delle dispute.
Il loro impiego è problematizzato dal principio di distinzione e dal principio di proporzionalità (Protocolli aggiuntivi alle Convenzioni di Ginevra): non attaccare direttamente chi non è attivamente coinvolto nelle operazioni belliche; limitare gli attacchi agli obiettivi militari. Resta il fatto che la ricerca non è ancora arrivata a sviluppare sistemi d’arma autonomi che sappiano discriminare, con affidabilità comparabile a quella di un soldato competente e ben addestrato, se una persona intenda arrendersi, sia fuori combattimento o non stia prendendo parte al combattimento.
Un attacco sferrato da arma autonoma potrebbe avere conseguenze classificabili come crimini di guerra o crimini contro l’umanità, se alla loro origine ci fossero degli esseri umani invece di una macchina. Esseri umani che potranno invocare a loro difesa la complessità delle tecnologie utilizzate e la difficoltà di prevederne il comportamento, aprendo un varco per ricusare la responsabilità degli atti in questione.
Inoltre, una vittima potenziale di un’arma autonoma non ha la possibilità di fare appello all’umanità condivisa di qualcuno che si trovi dall’altra parte, vedendo misconosciuto il valore intrinseco della propria vita.
Infine, l’eventuale riduzione delle vittime che l’uso di armi autonome di precisione promette per il futuro potrebbe indebolire l’ostilità dell’opinione pubblica al coinvolgimento del proprio paese in una guerra e incentivare i decisori politici a procedere in quella direzione. Ciò comporta la minaccia di un ritmo accelerato dei conflitti, incompatibile con i tempi di reazione degli operatori umani e che potrebbe sfuggire alle loro capacità di controllo.
Approfondimenti:
Il SIPRI (Stockholm International Peace Research Institute)
https://www.sipri.org/
Protocolli aggiuntivi alle convenzioni di Ginevra https://www.icrc.org/en/doc/assets/files/other/icrc_002_0321.pdf
Christof Heyns, Autonomous Weapon Systems: Human rights and ethical issues
(https://www.unog.ch)
CYBERCONFLITTI E CYBERSORVEGLIANZA
Il ciberspazio è il dominio nel quale si immagazzinano, modificano e scambiano informazioni facendo uso di strumenti informatici. Al pari di terra, mare, cielo e spazio, è uno degli ambienti nei quali possono svolgersi attività terroristiche o conflitti bellici tra entità statali. Per questo forze armate di un gruppo nutrito di Paesi, tra i quali figura l’Italia, hanno da tempo costituito uno speciale Comando cibernetico.
I conflitti nello spazio cibernetico presentano il cosiddetto problema dell’attribuzione. E’ infatti molto difficile identificare la fonte di un attacco informatico. Anche qualora esso necessiti di risorse e conoscenze necessarie difficilmente acquisibili da entità non statali.
Per perseguire attivamente la pace nello spazio cibernetico, bisogna invece mettere in campo misure per prevenire l’insorgenza di ciberconflitti e mitigarne gli impatti, impedendo la loro escalation e l’eventuale estensione a teatri di guerra più tradizionali. Per questo le comunità nazionali e internazionali devono:
- promuovere il lavoro di organizzazioni come i CERT (Computer Emergency Response Teams), per migliorare la sicurezza di Internet;
- facilitare il dialogo internazionale e il rafforzamento della fiducia reciproca a livello internazionale (CBM – confidence-building measures);
- promuovere nelle sedi diplomatiche e politiche internazionali, come l’ONU e l’OSCE, l’adesione ad accordi e trattati multilaterali sulla cibersicurezza;
- estendere le reti di collaborazione tra stati (European Government CERTs, IWWN, International Watch and Warning Network);
- migliorare la comunicazione e lo scambio di informazioni all’interno delle reti internazionali di infrastrutture critiche.
Anche le università possono svolgere un ruolo importante nel perseguimento attivo della pace nel ciberspazio, diffondendo le caratteristiche dei ciberconflitti, delle problematiche etiche, giuridiche e socio-economiche che essi sollevano, con particolare riferimento alle minacce per il benessere collettivo e i diritti fondamentali delle persone. Le università possono inoltre promuovere l’adozione di un comportamento responsabile nel ciberspazio e una sensibilità diffusa per la cibersicurezza.
Approfondimenti:
-
- Manuale di Tallinn sulle leggi internazionali applicabili alla guerra cibernetica (https://ccdcoe.org/research/tallinn-manual/)
EGC (http://www.egc-group.org/)
IL DISARMO NUCLEARE
Negli arsenali di Stati Uniti, Russia, Cina, Francia, Gran Bretagna, India, Pakistan, Israele e Corea del Nord esistono circa 15.000 ordigni atomici
Il paradigma della deterrenza, che è stato finora il pilastro delle politiche degli Stati Nucleari, si fonda sulla minaccia di “distruzione reciproca garantita” (MAD-Mutual Assured Distruction).
La consapevolezza dei rischi derivanti dalle armi atomiche ha generato alcune importanti convenzioni universali:
-
- Il Trattato di non proliferazione nucleare distingue tra Stati nucleari e Stati non nucleari e prevede l’obbligo per i firmatari di avviare trattative per il disarmo nucleare totale;
- Il Trattato sulla messa al bando parziale degli esperimenti nucleari vieta test nucleari nell’atmosfera, nello spazio extra-atmosferico e negli spazi sottomarini, consente solo gli esperimenti sotterranei;
- Il Trattato sul divieto di collocamento di armi nucleari e altre armi di distruzione di massa sui fondi marini e relativo sottosuolo;
- Il Trattato sulla cessazione completa degli esperimenti nucleari: quando entrerà in vigore sancirà la definitiva proibizione di tutti gli esperimenti – anche quelli sotterranei. Tuttavia per farlo dovrà essere ratificato anche dai 44 stati cosiddetti “di soglia”;
- Il Trattato sulla proibizione delle armi nucleari che entrerà in vigore novanta giorni dopo il deposito di 50 ratifiche. A fine luglio 2020 se ne registrano ancora 40 (https://www.icanw.org/signature_and_ratification_status).
Nessuno Stato nucleare ha sottoscritto il Trattato di messa al bando. L’Italia non ha sottoscritto il Trattato, dichiarando di preferire un approccio graduale al disarmo nucleare quale quello previsto dal Trattato di non proliferazione.
L’entrata in vigore del Trattato del 2017 è un passo essenziale in direzione della costruzione della pace e per allontanare la minaccia che le armi nucleari rappresentano per il solo fatto di esistere.